Il Fantastico Mondo della Amelie Cinese (1 & 2 pt.)

Yu Tong (Amelie) è di Pechino e ha vagabondato da sola per tutta l’Asia dalla tenera età di quattordici anni. Particolarmente portata all’arte e al disegno, ha maturato uno stile del tutto particolare e sicuramente diverso dai canoni dell’arte cinese in senso scolastico e tradizionale. India, Tibet, Nepal, Laos, Tailandia, Vietnam, sono alcuni dei posti dove lei ha vissuto e “creato”.

La mia esperienza in Cina mi ha portato, ovviamente, a conoscere tantissime persone con storie tutte diverse e tutte interessanti, ma lo spessore, la complessità e la bellezza della storia di Yu Tong (Amelie), mi ha colpito al punto tale che ho deciso di intervistarla e di proporvi l’esito di questa chiacchierata.

APERTURE2: Ok, benvenuta su Aperture2 e grazie per avere accettato questo invito. Dunque, tu sei Yu Tong e ti fai chiamare con un nome francese, Amelie. Potresti brevemente dire qualcosa su di te ai nostri lettori?

YU TONG: Va bene. Mi fa piacere sapere che in Italia potranno conoscere qualcosa sul mio conto, sperando che un giorno io possa visitare il vostro meraviglioso paese. Si, mi chiamo Yu Tong, sono di Pechino ed ho ventotto anni. Nell’oroscopo cinese, sono del segno del Topo, le cui caratteristiche sono l’intelligenza, la creatività, il talento, ma anche amante dell’oscurità’ e, nel mio caso particolare, l’oscurità’ si trova anche un po’ nel mio carattere.

APERTURE2: Senti, tu hai iniziato a viaggiare da sola alla tenera età di quattordici anni. Come ha avuto inizio tutto ciò? Posso chiederti “perché”?

YU TONG: Quando ero molto piccola, ero affascinata dai libri che mostravano immagini di attrazioni e paesaggi dei paesi del mondo. Mi chiedevo se questi posti e queste bellezze esistessero davvero e sognavo un giorno di poterli vedere. Quando esternavo questo mio desiderio ai miei compagni di classe delle Scuole Medie, mi prendevano sempre in giro.

Sai, in Cina, sopratutto quando sei molto giovane, fino a quando vai all’università’, la famiglia “sogna” per te. Le scelte inerenti la scuola, le attività extra-scolastiche, gli hobbies, le amicizie, sono tutte o quasi decise dalla famiglia. Perciò le mie esternazioni venivano prese come ridicole, in quanto irrealizzabili. Io, invece, riuscivo a disegnare, quasi a occhi chiusi, la mappa del mondo e conoscevo tutti i mari e le rotte. Ero un’ottima studentessa, avevo il top dei voti e perciò vinsi una borsa di studio presso il miglior liceo artistico della Cina, a Pechino. Tutti quanti intorno a me, i miei genitori, gli insegnati, amici, erano convinti che io fossi una predestinata nell’ambito artistico e accademico. Ma durante il primo anno di liceo, i miei genitori divorziarono…io ebbi immediatamente il fortissimo istinto di lasciare la scuola …e cosi feci. Sparii. I miei insegnati mi cercarono per più di un mese, e cercarono di contattare la mia famiglia per chiedere come mai per cosi tanto tempo, io non fossi andata a scuola (ndr. In Cina, vista la grandezza delle città e le distanze tra campus e rispettive abitazioni, tutte le scuole sono attrezzate con dormitori. Perciò gli studenti, anche quelli che studiano nella stessa citta’ in cui sono nati, non tornano a dormire a casa, se non nel fine settimana).

APERTURE2: E dove sei andata? Tu avevi quindici anni, se non sbaglio. Non certo maggiorenne.

YU TONG: Si, infatti. Andai a vivere con delle altre persone nella mia stessa situazione. Devi sapere che in Cina non è troppo difficile sparire. Io mi aggregai ad un gruppo di persone che, come me, erano scappate da casa. Eravamo circa una decina, tra i 12 ed i 16 anni. Ci sentivamo come una piccola famiglia. La casa apparteneva ad una di loro ed i genitori non sapevano che noi la stavamo occupando.

APERTURE2: Come trascorrevate le vostre giornate?

YU TONG: Andavamo nei club, nei bar, nei locali, eravamo sempre brilli. Alcuni dei ragazzi erano molto ricchi, perciò potevano pagare per questi divertimenti. Anche io avevo dei soldi con me. Mio padre all’epoca aveva due aziende molto ben avviate a Pechino, entrambe nel settore dell’arte, e una famosa galleria. Inoltre, possedevamo 4-5 case, macchine…insomma, agli occhi di tutti quello che si dice una famiglia perfetta. Io ho un fratello più piccolo…e questo, considerando la politica del figlio unico in Cina, era il vero lusso…quello che ci differenziava da tutti gli altri.

APERTURE2: Quindi il divorzio dei tuoi genitori è stato l’elemento scatenante.

YU TONG: Si, decisamente. Dopo il divorzio, loro hanno separato tutti i beni, mio padre chiuse la galleria e tutte le aziende. Poi conobbe una ragazza molto più giovane di lui e si risposò. Ho sentito dire che si sono trasferiti in Europa…ma non ci sentiamo da oltre dodici anni. Non mi interessa ritrovarlo…non lo odio, ma non ho alcun sentimento per lui. Mia madre, invece, mi ha detestato per tanti anni per la mia decisione, ma circa tre anni fa mi ha “perdonato”. Mi accusava di essere una vita sprecata, buttata al vuoto. Lasciato la scuola, la famiglia, gli studi la Cina. Insomma, un aborto di figlia. Anche lei si è risposata ed è felice adesso.

APERTURE2: Ma tu con chi avresti dovuto vivere?

YU TONG: Io avevo scelto mio padre, e perciò il mio fratellino doveva stare con mia madre. Ma mio padre si innamorò perdutamente di questa giovane ragazza ed io ero molto arrabbiata ed amareggiata…e lì che decisi si sparire per sempre. Io ora vedo mia madre una o due volte l’anno, e mi basta.

APERTURE2: Quando hai iniziato a viaggiare?

YU TONG: La mia grande passione per i viaggi va di pari passo con l’amore per le lingue…tutte. Amo comunicare, anche tramite i miei disegni. Come ti dicevo, vivevo con questo gruppo di “ragazzi difficili” e una notte, ricordo bene, mi sentii cosi vuota e depressa per il tipo di vita vuota che conducevo, che decisi di scappare anche da quella casa, da quelle persone. Il mio primo istinto fu quello di andare alla stazione di Pechino e prendere il primo treno che passava, senza davvero scegliere dove andare. Il bigliettaio mi disse che il primo treno sarebbe partito dopo cinque minuti con destinazione Tianjin (grande città portuale a trenta minuti di distanza da Pechino). Per la prima volta, viaggiavo…da sola…mi appestavo a diventare una “forestiera”, e la cosa mi eccitava tantissimo.

APERTURE2: Come trascorrevi il tempo a Tianjin?

YU TONG: Entravo ed uscivo da musei, librerie, biblioteche, iniziavo a fare tante amicizie, gente che veniva attratta da me se si fermava a parlare.

Un giorno, poi, incontrai un uomo di mezza età che scoprii essere professore presso la locale Accademia di Belle Arti.  Mi chiese di fare la modella per le classi che teneva nel suo studio privato, ma io rifiutai dicendo che al massimo sarei potuta diventare sua studentessa. Allora lui propose uno scambio equo…un giorno modella, un giorno  studente…e cosi via. Io accettai.

Conobbi cosi tanti giovani artisti che studiavano pittura e da loro appresi tante piccole cose inerenti non solo l’Arte ma anche il vivere da soli…come lavare, cucinare, stirare e cosi via. Loro erano un paio di anni più grandi di me e, quando venne il tempo del Capodanno Cinese, visto che tutti, come da tradizione, si apprestavano a tornare a casa dalle loro famiglie, sapendo la mia situazione, mi invitarono a trascorrere le festività con loro, presso le loro famiglie. Cosi mi ritrovai a viaggiare di nuovo e a visitare tante case e tante città nel sud della Cina.

APERTURE2: il Sud è bellissimo, soprattutto il Sud Ovest.

YU TONG: Si, infatti mi trovavo proprio li, nella provincia del Guanxi, che confina con un altro stato: il Laos. Quella era la mia grande occasione. Avevo a due passi un paese straniero e potevo fimalmente coronare il mio sogno…andare a vedere se quello che dicevano il libri di cui mi ero nutrita da ragazzina, erano veritieri oppure no. Fu cosi che decisi di oltreppasare il confine.

Dodici anni fa era facilissimo per noi cinesi. Bastava pagare una modesta somma di denaro e ti davano un visto per un mese al massimo. Dopo il Laos mi venne facila valicare altri confini, tutti a piedi, per la modica cifra di cinque euro. In questo modo ho vistato anche il Vietnam, la Tailandia ed altri. Oggi non è più cosi facile. Ci vuole il passaporto, garanzie bancarie…insomma…rogne.

APERTURE2: Ma li, al confine, nessuno obiettava niente sulle tue intenzioni e la tua età?

YU TONG: Certo che si. Mi chiedevano e si chiedevano come mai una ragazza di Pechino, della Grande Capitale, di buona famiglia e non ancora maggiorenne, apparentemente normale sia di salute fisica che mentale, fossi li a fare quello che facevo io. Loro non avevamo mai visto prima una vagabonda minorenne…in generale in Cina non esisteva questa figura.

APERTURE2: Ma scusa, le guardie non pensavano di dover avvertire i tuoi genitori e dirgli che la loro figlia minorenne era li? O, viceversa, i tuoi genitori non avevano provato a rintracciarti, magari chiamando la Polizia o altro?

YU TONG: No. Al confine, a parte le domande, non presero nessun provvedimento. Per quanto riguarda i miei genitori, io comunicavo notizie a mia madre tramite la mia migliore amica. Per cui lei sapeva che stavo bene, che viaggiavo da sola, che ero in salute, ma non di più. Dopo due anni che avevo lasciato casa, ho iniziato a inviare messaggi più frequenti a mia madre, in occasione di festività come il compleanno, il capodanno cinese, la festa della mamma.

Ma una cosa è certa: non ero mai stata libera e felice come allora. E stavo conoscendo tante persone, ognuna con storie interessanti. Alcuni di loro, anche importanti. Ad esempio, i gestori di parchi o ristoranti o musei che, in cambio di ritratti o dipinti di mio gusto, mi garantivano accesso ai loro spazi oppure mi davano da mangiare e bere.

APERTURE2: Quindi tu passavi parecchio tempo a dipingere per mantenerti, giusto?

YU TONG: Si, giusto, ma e’ anche giusto dire che i miei lavori non erano davvero niente di eccezionale in questa fase. Lo stile, infatti, lo definirei piuttosto infantile, talvolta anche gli strumenti che avevo a disposizione erano poco adatti. Molto spesso usavo della carta sottilissima sulla quale, anche una semplice matita, apriva delle ferite, piuttosto che creare belle forme. Penso di poter dire, in tutta onestà che ero semplicemente fortunata. Queste persone, che io chiamavo Zio o Zia a seconda dei casi, mi prendevano in simpatia e comperavano i miei schizzi, forse per pietà. Però, parallelamente, io continuavo a creare e dipingere per me stessa, cercando di usare mezzi un po’ più decenti di quelli che usavo per i miei “clienti”. Cosi, ispirandomi a cosa vedevo introno a me, mi ero pian piano creata un piccolo portfolio.

APERTURE2: Quanto tempo ti sei fermata nel Sud dell’Asia?

YU TONG: In tutto, comprendendo sia Laos che Vietnam, direi circa due anni. Dopo di che, iniziavo a sentire un po’ la nostalgia di casa, nel senso di Cina. Allora decisi di iniziare una marcia a ritroso verso Pechino. Il caso volle che, nella città di Hong Yang, sulla via del ritorno, incontrassi il mio vecchio amico professore che tanto mi insegnò a Tianjing. Ovviamente fummo entrambi molto sorpresi di questo incontro cosi casuale. Quando lui vide il mio portfolio, rimase estremamente colpito sia dallo stile che dalla diversità del mio materiale, cosi mi aiutò ad allestire la mia prima mostra. Ricordo il posto, si trattava di una bellissima biblioteca dal soffitto altissimo e con delle belle mura. I miei quadri ci stavano proprio bene. I media locali furono attirati da questo evento e spesso venivo intervistata sia da giornali che televisione.

APERTURE2: Ma questa attenzione, era proprio quello che cercavi?

YU TONG: No, no davvero. Molto spesso i reporter mi facevano domande sulla mia vita privata, piuttosto che sulla mia arte. Erano convinti che io non fossi mentalmente stabile, poiché non capivano come mai una ragazza della mia età, con un’ovvia buona educazione, si fosse dovuta avventurare in posti cosi lontani dall’immaginario collettivo del cinese medio dell’epoca. Se avessi detto che avevo vagabondato per l’Europa o l’America, mi avrebbero fatto domande, ma senza giudicarmi troppo. Il fatto che io avessi fatto le mie esperienza in Vietnam o Laos che sono, tuttora, decisamente meno sviluppati della Cina, li lasciava pieni di domande senza risposte. L’unico motivo, per loro, era la mia salute mentale. E quando realizzavano che venivo da una famiglia di separati, sembrava che il tutto trovasse finalmente quella logica spiegazione che, prima di conoscere questo dettaglio, veniva a mancare.

APERTURE2: Quale era la reazione dei visitatori della mostra?

YU TONG: I miei quadri piacevano. Di questo sono sicura. Però gli allievi del professore mi ostacolarono non poco. Ebbero molto da ridire sia sullo stile che sulla scelta dei soggetti. Insomma, non furono di certo troppo amichevoli. Anche per questo decisi di andare via e, sulla via per Pechino mi capitò qualcosa di strano. Iniziai davvero a sentirmi strana e a non riuscire più a controllare le mie emozioni. Stavo male, anche fisicamente. Fu cosi che, non appena arrivata a Pechino, decisi di andare in ospedale e li mi ricoverarono in Psichiatria. Insomma, ero diventata ufficialmente “malata di mente”

APERTURE2: Come? Ma scusa, dalle tue parole sembrava tutto abbastanza sotto controllo, malgrado l’eccentricità’ della situazione. Cosa successe di preciso, se ti va di parlarne?

YU TONG: Si, certo. Fino ad ora ti ho parlato di incontri bellissimi con persone dal cuore grande. Ho omesso, però, di citare gli incontri con persone losche, malvagie, che erano coinvolte nelle più becere forme di traffico di esseri umani.

APERTURE 2: Ti puoi spiegare meglio?

YU TONG:  E’ come se, improvvisamente, il mio organismo avesse metabolizzato alcune brutture alle quali avevo dovuto assistere. Ad esempio, al confine tra Cina e Vietnam, oppure tra Cina e Tailandia, esistono traffici loschi di giovanissime prostitute e di donne da maritare. Le loro condizioni sono pietose e vengono trattate davvero come animali da macello. Ho anche visitato alcuni dei poverissimi villaggi dell’entroterra da dove queste ragazzine venivano, e in questi posti ho trovato la povertà più totale. Pensa che mancava persino la corrente elettrica. Io credo che in questi posti ho iniziato ad ammalarmi, quando cioè ho dovuto confrontarmi con questo atroce aspetto della vita.

APERTURE2: Ma tu sei stata coinvolta in alcune di queste vicende cui hai assistito?

YU TONG: No. Come ti dicevo io credo di essere stata molto fortunata a non avere guai seri. Ma ciò non ha impedito che, ad un certo punto della mia vita’, non fossi riuscita più ad accettare che l’essere umano possa essere cosi meraviglioso, cordiale e geniale, per poi trasformarsi in un vero e proprio demonio. Ho letto tanto su questo problema. Libri di filosofia, di etica, di psicologia, ma non ho trovato alcuna risposta. Cosi credo che sia nato il mio problema fisico e mentale. Smisi di mangiare ed arrivai a pesare poco più di 30 kg, mi tinsi i capelli di rosso fuoco, non parlavo con nessuno. Anche i dottori non ci capivano niente. Credo di essermi anche tagliata le vene…ricordo vagamente di aver visto persone operare sul mio corpo per rianimarmi, io ero come estranea a me stessa…ma riuscivo a vedere quello che mi accadeva. Insomma, odiavo il mondo e lo amavo allo stesso tempo, ma non riuscivo a trovare il mio equilibrio.

APERTURE2: Ma l’esperienza in ospedale ti stava servendo?

YU TONG: Sinceramente credo di essere stata una pessima paziente. Era un continuo litigare con tutti. Dottori, infermiere, pazienti. Mi legavano spesso al letto e mi davano diversi sedativi e droghe varie. Non ricordo esattamente quanto tempo ho trascorso in clinica, probabilmente diversi mesi. Un giorno il capo dei medici mi visitò e lui cercò di parlarmi e di farmi parlare. Citò un antico proverbio cinese che dice, più o meno, che se tu sei immerso nel nero, sei nero anche tu; se tu sei immerso nel rosso, sei rosso anche tu. Allora io gli risposi con altro proverbio che dice che il fiore del loto, di cui la Cina e’ piena cresce vigoroso e bellissimo ma deve avere le sue radici nel fango e nella poltiglia. Non so se capisci il paradosso, ma io cercavo di fargli capire che tutti noi possiamo rinascere a nuova vita, anche se veniamo dalla feccia. Credo che lui si sia abbastanza impressionato, visto che due giorni dopo quella visita mi lasciò libera.

APERTURE2: Ma tu ti sei mai sentita davvero “malata”?

YU TONG: In effetti, no. Quello che il mio corpo e la mia mente in realtà stavano attraversando, era il continuo stress dovuto al costante ondeggiare tra la bellezza smisurata della natura e della umanità, contro la brutalità della stessa umanità e dei pericoli della natura selvaggia. Il costante traballare tra l’eccessivamente bello ed il tremendamente brutto, mi stava consumando ed uccidendo. Però ne ero conscia…solo che non riuscivo a venirne fuori.

APERTURE2: Cosa successe quando sei uscita?

YU TONG: Non appena raggiunsi la soglia dell’ospedale, il Dottore di cui ti ho parato mi disse che di sicuro ci saremmo rivisti e che, secondo lui, io sarei diventata una ragazza di successo e felice. Infatti, stranamente, dopo pochi giorni ricevetti degli inviti ufficiali da parte di alcune delle migliori Università della Cina che mi offrivano borse di studio affinché io frequentassi i loro corsi, a loro spese e per giunta con salario. Questo rientra in una legge approvata non troppo tempo fa, per cui alcune Università possono inserire alcuni studenti davvero speciali e meritevoli nei loro programmi, anche se, come nel mio caso, non hanno alcun titolo o diploma. Il problema e’ che, malgrado fossi lusingata dalle offerte, dopo aver constatato di persona durante la mia esperienza con il Professore di Tianjin che anche i più talentuosi tra gli  studenti degli istituti d’Arte che ho conosciuto in realtà non esprimono niente di davvero creativo, decisi di proseguire sulla mia strada come avevo fatto sino ad allora, senza titoli, senza Università. Le menti di questi talenti sono come ingabbiate, ed io non mi sentivo di voler fare come loro, cioè trascorrere i migliori 5-6 anni della mia vita pensando di creare e di essere un talento, senza mai conoscere il mondo vero. Ancora una volta amici e conoscenti pensavano che fossi pazza a rifiutare occasioni che altri studenti cinesi avrebbero fatto carte false per avere, ma io avevo deciso. E la mia decisione era quella di partire ancora e di andare in Tibet.

APERTURE2: Quanto tempo fa?

YU TONG: Nove anni fa. Vendetti tutto quello che avevo nel mio appartamento di Pechino e partii. Allora non c’erano treni diretti come adesso, oppure aerei economici. L’unico modo era quello di prendere una serie infinita di autobus e provare ad arrivare li, a Lhasa, la capitale. Non c’erano neanche informazioni accessibili. Quando arrivai nella capitale ebbi da subito la sensazione di trovarmi in un posto magico, malgrado l’altitudine e la diversa pressione atmosferica mi stessero facendo penare. Il cielo cosi blu e il tremendo contrasto tra la povertà e la semplicità’ dei locali, comparata con la opulenza dei turisti stranieri che vedevo passeggiare da quelle parti. Poi decisi di spostarmi in Nepal per un po’ e finalmente, dopo poco, raggiunsi la mia meta preferita: l’India.

Sin da bambina ero affascinata da questi posti, come ad esempio le città colorate. In India ci sono 4 tipi diversi di città colorate: Blu, Rosa, Dorate e Bianche.

La citta' Blu in India

Sono chiamate cosi perché tutto, ma proprio tutto, e’ dello stesso colore, sia i tetti che le mura. Ora sentivo davvero che avevo coronato il mio sogno di bambina, quando leggevo i libri con le foto ed illustrazioni e speravo, un giorno lontano, di arrivare li. E finalmente, in India, avevo fatto pace con il mondo. Finalmente avevo accettato la convivenza tra il bene ed il male, sia tra gli elementi del pianeta che negli stessi esseri umani.

Palazzo Potala a Lahasa, capitale del Tibet

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

APERTURE2: Yu Tong, o Amelie se preferisci, grazie davvero per aver condiviso la tua storia con me. Forse non e’ stato facile per te ripercorrere queste tappe della tua vita, ma per me e’ stato un piacere poter ascoltarti e riflettere. Quali sono i tuoi programmi futuri?

YU TONG: Il piacere e’ stato mio, Alex. A giugno mi sposterò per un po’ in Corea del Sud, a Seoul, per una mostra che un mio amico mi ha chiesto di organizzare con i miei lavori. Immagino che sarà affascinante. Altri posti ed altra gente da conoscere. Poi…vedremo. Un grande “CIAO” a tutti gli italiani ed a presto.

 

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