Il Rock in Cina (2p): Cui Jian, il Padre del Rock & Roll

La copertina del primo album di Cui Jian

Nel 1986, la canzone “It’s not that I don’t understand” (Non e’ che non capisco), di Cui Jian (si pronuncia Zui Gian), creò una grande sensazione a Pechino, dove presto diventò una hit incredibile. Questo evento segna senza alcun dubbio la nascita di una forma autoctona di Rock in Cina, finalmente depurata da commistioni con l’esterno, seppur sempre sotto l’influenza del rock melodico internazionale. Come detto in precedenza, la nascita e crescita del Rock in Cina va comunque posto in relazione con quella che era una crescita generalizzata delle pop-music in Cina. In meno di dieci anni la musica d’importazione, incluso Heavy-Metal, Psichedelica, Elettronica, s’impose all’attenzione dei giovani e dell’avanguardia culturale in generale. Inoltre, qualche casa discografica europea, faceva qualche timido tentativo d’ingresso nel mercato cinese.

Il brano “It’s not that I don’t understand”, faceva parte dell’album “Rock and Roll On the New Long March” (R&Roll sulla Nuova Grande Marcia, laddove la Grande o Lunga Marcia è una citazione della Marcia che porto’ Mao a riunire la Cina sotto la bandiera del comunismo, fino all’approdo a Pechino dove fu poi proclamata la Repubblica, l’1 Ottobre del 1949), che fu dato alle stampe da Cui Jian nel 1988 ed è sicuramente il primo album Rock mai prodotto e stampato in Cina. Ascolta CuiJian-XinChangzheng-1.

Nelle liriche e nella musica, Cui rifletteva accuratamente le sensazioni di smarrimento di quella generazione di cinesi che, dopo aver sperimentato la Rivoluzione Culturale, si trovava adesso ad affrontare i problemi dell’apertura al mondo esterno cosi tanto vituperata durante l’Era precedente.

Mentre, da un lato, si trovava la generazione dei padri che avevano creduto e lottato per una causa da loro ritenuta giusta, sotto la forte spinta di un’ideologia, dall’altro c’era la generazione dei figli che nulla avevano in comune con la precedente, che erano sotto una maggiore influenza dell’”odiato” mondo occidentale, e che perciò si autodefinivano una “lost generation” (generazione perduta). Cui Jian raccoglieva le istanze di questa lost generation con una forma di linguaggio popolare ed efficace, tanto da essere ascoltato in ogni angolo della Cina tramite nastri e dischi. Famosa la sua frase “Non è che io non capisco, è che il mondo sta cambiando troppo velocemente”. Ovviamente, questo cambiamento era ancora più sentito in Cina, dopo le aperture garantite da Deng Xiao Ping.

Immagine emblematica di Cui Jian

A partire dagli anni 80 molti giovani iniziarono a suonare la chitarra e cantare le canzoni di Cui, come ad esempio “Nothing to My Name” (Niente a mio nome) oppure “Greenhouse Girl” (La ragazza della casa verde). L’espressione di stati d’animo e semplici sentimenti nelle canzoni di Cui Jian, costituivano l’aspetto più dirompente della sua poetica, viste le incredibili conseguenze che aveva sulle menti di giovani che avevano dovuto per anni reprimere ogni forma di libera espressione, nel nome della “collettività” e della “rivoluzione”. Infatti, le sue prime produzioni si basano soprattutto sul forte impatto delle liriche piuttosto che della musica, ma con le produzioni successive, cercò di arricchire l’aspetto musicale e perciò meglio bilanciare il tutto. Con “Let Me Be Crazy on the SNow” (Lasciami folleggiare sulla neve) introduce anche aspetti più legati alla filosofia e alle trasformazioni nella sua vita personale. Dopo il primo album, i suoi successivi del 1991 e 1994, “Solution” (Soluzione) e “Balls under the Red Flag” (Palloni sotto la bandiera rossa), non raccolsero lo stesso successo del primo.

 

A quell’epoca la Cina, seppur sempre alle prese con contraddizioni interne e generazionali, ha oramai capito in che direzione sta andando e l’industria musicale ne trae le giuste conseguenze: fare business e dare al pubblico esattamente quello che il pubblico vuole e soprattutto quello che fa vendere. Cui Jian decide perciò di sperimentare un modo per integrare il Rock con la tradizione musicale cinese. Questo ponte, nella sua idea, dovrebbe creare una miscela piacevole tra le culture contadine di Nord Ovest e Sud Ovest con la cultura Rock. Sfortunatamente questa operazione non trovò adeguato riscontro di pubblico, anche alla luce del fatto che sembrava mancare il terreno adatto alla crescita dei semi da lui innestati. In effetti, il Rock è vivo e vegeto ma più come fenomeno underground che come vero e proprio fenomeno di massa. Insomma, per dirla tutta, non ci arricchisce di certo con il Rock in Cina. Però Cui Jian vedrà sempre riconosciuto come una figura musicale dal peso storico enorme in Cina, anche alla luce di sue famose esibizioni al fianco di nomi del calibro di Bob Dylan o Rolling Stones durante i loto tour cinesi.

Cui Jian, oggi, con il suo tipico cappellino

Rimane immutato il suo fortissimo impatto nelle sue performance dal vivo e soprattutto il carisma. Inoltre, cosa non da poco, ha ispirato tantissimi musicisti di talento e anche coloro i quali, pur non avendo fatto della musica il proprio mestiere, hanno imparato a suonare strumenti musicali solo per emulare il proprio idolo.

Insomma, volendo fare un paragone con il nostro stivale, direi che probabilmente Vasco Rossi e’ quanto di più’ simile per storia e stile a questo rocker cinese.

Per finire, i links and alcuni suoi video.

Il suo canale video su YouTube
Cui Jian 01
Cui Jian 02

 

 

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